Un'intervista con l’economista
vincitore del premio Nobel, il cui libro attacca duramente la “delirante” strategia
di riduzione del deficit.
Paul Krugman ha appena superato
il punto di confine del milione di followers su Twitter. Non male per un economista
accademico, anche se con un premio Nobel sotto il braccio, una posizione di
rilievo presso la Princeton University, e un blog sul New York Times.
Il suo seguito è una ricompensa al fatto di combattere la saggezza convenzionale secondo la quale l'austerità può favorire un recupero. Dal momento in cui a Lehman Brothers è stato permesso di fallire, sembrava che solo Krugman, il suo connazionale Joseph Stiglitz, un altro premio Nobel per la causa liberale, ed il professore di New York Nouriel Roubini, che avevano a gran voce predetto il crollo, costantemente affrontassero gli "austeri" a Washington, Bruxelles e al Tesoro del Regno Unito.
Più di quattro anni dopo,
l'austerità è in discussione come mai prima, anche perché la maggior parte dei paesi che
attuano una politica di riduzione del disavanzo non sono riusciti a crescere.
Krugman, il suo blog e commenti su Twitter, sono diventati il punto di riferimento per gli obiettori di
tutto il mondo.
Parlando al Guardian per
pubblicizzare la seconda edizione del suo libro “Fermiamo questa depressione ora”,
egli sostiene che la sua battaglia andrà avanti fino a quando i politici si
renderanno conto che il loro affidamento sulla riduzione del disavanzo è un
travisamento "delirante" dell’economia di base. Ma nonostante la sua
critica persistente, l’austerità rimane l’impostazione base per la maggior
parte dei governi occidentali.
Per un tale pensatore
sofisticato, la soluzione di Krugman - che sconvolge alcuni sostenitori
liberali - è semplice. Alla domanda se sia interessato a spendere del denaro che
innescherà una ripetizione delle bolle finanziarie che hanno causato il “crash”
e stimolano l'inflazione quando troppi soldi “inseguono” troppo pochi beni, lui
è sprezzante. "Per quanto riguarda questo piantare i semi della prossima
crisi, teniamo a mente che la leva è ancora in calo, a questo punto quindi, non
vedo il problema" dice.
Nella visione di Krugman, le preoccupazioni
per l'invecchiamento della popolazione, che profila costi sanitari, la natura
mutevole della forza lavoro nell'era digitale e della concorrenza delle
economie asiatiche per l'occupazione, sono roba d’altri tempi. "Dovremmo
avere più spesa?! La risposta deve essere sì. Perché?! Perché c’è abbondante stagnazione
nel mercato del lavoro e gli investimenti devono aumentare. Per me è chiaro che c’è abbastanza
spazio per aumentare la spesa senza aumentare l'inflazione”.
"Quello che molte persone
non riescono a vedere è che la macro economia si muove molto più lentamente di
quello che pensano. Potete leggere documenti accademici degli anni ‘30 e, dopo
aver tolto l’arcano linguaggio
accademico, sembrerebbero essere scritti oggi."
Parlando dal suo ufficio di
Princeton, Krugman dice che i testi degli economisti Hyman Minsky, Michal Kalecki
e soprattutto John Maynard Keynes mostrano che Olli Rehn, il commissario delle
finanze dell'UE e altri alti funzionari di Bruxelles sbagliano nella promozione
dell'austerità.
Perché reinventare la ruota, si
chiede, quando i problemi economici di oggi sono stati tutti risolti con teorie
sviluppate negli anni ‘30. Minsky, per esempio, ha sostenuto che i banchieri ed
altri si sono semplicemente dimenticati dei
rischi che comportano più alti livelli di debito. L'oblio è una pietra miliare
nella analisi della crisi di Krugman.
"Mi piacerebbe dire con
Minsky: la migliore spiegazione della crisi è semplicemente che con il passare
del tempo, tutti, compresi i politici, dimentichino i rischi. La professione
economica in un certo modo ha fatto parte dello stesso fenomeno".
"Cose come la vera teoria
del ciclo economico, che considera le recessioni come rappresentazione del ritiro volontario dal lavoro a favore del tempo libero, sarebbe stata respinta
come manifestamente ridicola quando la memoria della Grande Depressione era
ancora fresca; ma potrebbe rifiorire una volta che la memoria sia svanita."
Cinque anni dopo l’inizio della
crisi, con i ricordi ancora freschi, il fallimento di Rehn è nella mancanza di
comprensione; un fallimento dell’intelletto, sostiene lui. Krugman respinge le
preoccupazioni che la Germania ed il Regno Unito siano gestiti da politici come
il primo ministro Angela Merkel, George Osborne e che l'eurocrazia possa
rappresentare una classe o una generazione che vuole proteggere i suoi beni a
scapito di persone che dipendono dai servizi pubblici.
Robert Shapiro, sottosegretario
al Commercio per gli affari economici nel secondo governo di Bill Clinton e poi
consigliere economico di Tony Blair, dice Krugman, è riuscito a conquistare
molti politici perché ignora le preoccupazioni circa la ri-nascita di una
bolla immobiliare e il mancato contrasto al potere di Wall Street. Gli elettori
sono riluttanti a riconsegnare il potere ai governi che ciecamente li hanno
condotti nella crisi finanziaria, anche quando non è solo colpa dei politici.
"Non è irrazionale che il
supporto al governo, e per le soluzioni del governo, siano state gravemente
danneggiate. I governi non sono riusciti a prevedere l’arrivo del crash, così
come nessun altro. Pertanto, meno governo è seducente per le persone che sono
ancora sensibili ai fallimenti del governo nella gestione dell'economia", dice Shapiro.
Come Krugman, Shapiro sostiene la
tesi centrale keynesiana per una spinta della spesa pubblica, ma lo stimola a valutare le preoccupazioni da destra e sinistra per quello che succede a
quei soldi.
Sarà il denaro speso con saggezza?! "Alcuni dicono che uno stimolo fiscale creerà una nuova bolla immobiliare, ma non sono state costruite molte case negli ultimi cinque anni. Dicono che i lavoratori hanno competenze obsolete. Ma la storia ci dice che se si creano posti di lavoro le persone li riempiranno", dice Krugman.
Le banche centrali stanno
aiutando?! "Non direi che il quantitative easing [QE] sia stato decisivo.
Si tratta di uno strumento fragile e piuttosto debole, così, pretendere che compensi gli effetti dell'austerità fiscale è chiedere troppo." Ma lui vuole più
QE, e sarebbe rilassato anche con una inflazione al 4% o 5%.
Forse la semplicità del suo
messaggio è il risultato degli incontri quotidiani con i rappresentanti del Tea
Party ed i vari repubblicani assortiti del suo blog, nonché delle stilettate ad una vasta gamma di “austeri” sui talkshow televisivi e radiofonici con le
telefonate in diretta.
Recentemente è andato ad un testa
a testa con David Stockman, direttore del bilancio di Ronald Reagan. Stockman
ha detto che gran parte del 1.6tn di dollari spesi dalla Federal Reserve come
parte della sua politica di QE erano stati inghiottiti da Wall Street e
semplicemente avevano fatto i banchieri più ricchi. Per sostenere la sua tesi
ha indicato JP Morgan, che ha fatto profitti record lo scorso anno.
Riluttante a difendere i profitti
realizzati dalle banche con fondi a basso costo grazie ai QE, Krugman ha
accusato il rivale di essere un "vecchio eccentrico", ed usare un
"contesto ed un modello di numeri a
caso, incorporati in una invettiva".
Loro discutono sul fatto che una
spesa pubblica extra, oggi, per potersi rivelare benefica come negli anni ‘30, debba
ancora avere delle tutele e un po' di "circospezione". Krugman non avalla questo.
L'articolo è molto interessante. Ma sarebbe utile rivedere la traduzione (google translate?). La seconda parte, in particolare, è difficile da seguire, se già non si conoscono gli argomenti.
RispondiEliminaMi segnali per favore la parte che non ti torna?!
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