mercoledì 31 luglio 2013

Il dibattito post-mortem MMT vs Austriaci parte III di V: democrazia, tasse e monopolio della moneta – Rohan Grey



Come accennato alla fine della parte precedente, la maggiore critica esposta da Murphy verso l'analisi della MMT era che si presume l'esistenza di uno Stato con un monopolio della valuta, in virtù del suo potere di imposizione fiscale - o, come Murphy l’ha descritto, la MMT era "a favore di rapinare i negozi di liquori" al fine di assicurare una domanda per la sua valuta. A mio parere, questa critica non è stata sviluppata, in quanto non si è articolata nel descrivere perché i problemi identificati erano peggiori dei problemi di qualsiasi altro sistema fattibile.

In realtà, il momento in cui Murphy è arrivato ad articolare una visione alternativa della governance economica, è stato quando ha paragonato le attività del governo con quelle di una società:

Murphy: Lasciate che vi faccia un ipotetico scenario (…), c'è un ipotetico amministratore delegato che da 60 minuti sta facendo un intervento, lo tengono nella telecamera e pensano sia una buona persona, poi dicono quando i revisori sono entrati - lui è l'amministratore delegato di una grande società – dicono "per decenni avete preso il dieci per cento dei loro stipendi per metterlo da parte e  finanziare le loro pensioni, e avete promesso loro pagamenti specifici. I revisori sono entrati, hanno guardato i vostri libri e hanno scoperto che non avete fatto investimenti reali, hanno scoperto che state usando questi come dividendi per i vostri azionisti e per aumentare i prezzi delle azioni, dare a voi stessi dei bonus e per investire un po' nell’azienda, ora siete “una pensione senza fondi” per circa 10 miliardi di dollari. Che cosa avete da dire a vostra discolpa prima di andare in prigione?".

(Parte I) (Parte II) (Parte III) (Parte IV) (Parte V)

lunedì 29 luglio 2013

Il dibattito post-mortem MMT vs Austriaci parte II di V: operazioni monetarie vs politica economica – Rohan Grey.




Come sarà chiaro a chiunque guardi l'intero confronto, c'era veramente poco scontro alla fine del dibattito sulla meccanica di funzionamento del sistema monetario moderno:

Murphy: In particolare, ciò che rende gli austriaci diversi dalle altre scuole di pensiero, anche le altre scuole favorevoli al libero mercato come gli economisti di Chicago - Milton Friedman, o ragazzi come lui – è che gli austriaci hanno una visione particolare di ciò che fanno i tassi di interesse.

Così gli austriaci dicono "guarda, il tasso di interesse è un prezzo e, in questo senso, è come qualsiasi altro prezzo - comunica informazioni sul mondo reale. Non è un numero arbitrario - significa davvero qualcosa - e se il tasso di interesse di mercato dovrebbe essere del 7 per cento e la Federal Reserve lo porta allo 0,25 per cento, questo rovinerà tutto.

(...)

(Parte I) (Parte II) (Parte III) (Parte IV) (Parte V)

domenica 28 luglio 2013

Il dibattito post-mortem MMT vs Austriaci parte I di V: prefazione – Rohan Grey.



(Se siete interessati solo alla analisi sostanziale del dibattito, andate direttamente alla Parte II).

Il 4 luglio, il New York Times ha pubblicato un articolo scritto dalla giornalista economica Annie Lowry sull'ex manager di hedge fund e teorico economico anticonformista Warren Mosler . La scuola di pensiero che Mosler sottoscrive, nota come "Teoria monetaria moderna" o "MMT", è stata seguita da un certo numero di giornalisti (vedi, ad esempio qui, qui, qui e qui). La MMT pretende di combinare intuizioni di una serie di teorici storici del sistema monetario con la comprensione delle operazioni monetarie contemporanee per costruire un progressivo meme per la moneta che si differenzia notevolmente dalla maggior parte dei testi di economia standard.

L'articolo di Lowry ha “sofferto” di un certo numero di errori di fatto e anche di un uso discutibile della discrezione giornalistica, inducendo Mosler ad una richiesta di correzione non ancora soddisfatta e di controrepliche supplementari da altri sostenitori e simpatizzanti (vedi, ad esempio qui, qui, qui, qui e qui). D'altra parte, in qualche modo la stessa Lowry si è redenta, in un raro, se non senza precedenti, atto per il Times, che completa l'articolo sul Times Economix Blog con una dettagliata lista di letture proprio di Mosler.

(Parte I) (Parte II) (Parte III) (Parte IV) (Parte V)


giovedì 25 luglio 2013

Piena occupazione e sostenibilità ambientale - parte III - di Mathew Forstater. Working Paper N° 13.



Foto: University Missouri Kansas City.

Flessibilità del sistema e sostenibilità ambientale.

I programmi PSE possono essere progettati per dotare l'economia di una notevole flessibilità, e la flessibilità può essere utilizzata per promuovere la sostenibilità ambientale (Forstater, 1998, 1999a, 2000a). Un settore privato che esegue un programma di piena occupazione ed il pieno utilizzo della capacità produttiva avrà una notevole rigidità strutturale, in quanto la capacità in eccesso e la disoccupazione consentono alle imprese, alle industrie e all'economia, nel loro complesso, di rispondere  in modo più flessibile ai cambiamenti strutturali e tecnologici e ad altre condizioni di mercato. Se il settore privato è stimolato da politiche tradizionali di gestione della domanda, la concorrenza e le altre condizioni di mercato determinano quali beni e servizi aggiuntivi sono prodotti, quali tecnologie e input sono utilizzati, quanto inquinamento sarà emesso, la distribuzione geografica del consumo supplementare e della produzione, e così via. Quando le attività di servizio pubblico non sono a scopo di lucro, possono essere progettate in base a diversi criteri. Invece di essere progettate secondo criteri di efficienza  propri del settore privato, l'attività del settore pubblico può essere progettata tenendo a mente più ampi obiettivi sociali e macroeconomici. La sostenibilità ambientale è in grado di informate le decisioni riguardo a ciò che i lavoratori PSE producono e come lo producono.

mercoledì 24 luglio 2013

Piena occupazione e sostenibilità ambientale - parte II - di Mathew Forstater. Working Paper N° 13.



II. Gli approcci tradizionali alla disoccupazione e al degrado ambientale sono insufficienti sia per raggiungere la piena occupazione che per la sostenibilità ecologica.

Gli approcci tradizionali per promuovere la piena occupazione sono nella gamma delle tradizionali prescrizioni neoclassiche, basate sul punto di vista che i mercati, senza condizioni, tenderanno alla piena occupazione per conto proprio, con l’integrazione di approcci keynesiani e post keynesiani che sottolineano la gestione della domanda attraverso la politica fiscale e monetaria. Nella visione neoclassica, se tutti i mercati, compresi i mercati dei fattori, sono in concorrenza perfetta, il meccanismo dei prezzi assicura che l'economia tenderà alla piena utilizzazione di tutte le risorse, compreso il lavoro, nel lungo termine. La concorrenza perfetta richiede anche altre ipotesi, come quella che tutti gli agenti abbiano perfetta conoscenza e perfetta previsione, di tutti i fattori che siano  perfettamente divisibili e perfettamente sostituibili, e così via. La stessa flessibilità che garantisce che l'economia tenda alla piena occupazione, garantisce inoltre che l'economia di piena occupazione si regolerà facilmente ai cambiamenti strutturali e tecnologici. La disoccupazione è sia volontaria che  dovuta a imperfezioni del mercato, comprese le retribuzioni minime, i regolamenti, i sindacati, ecc. ecc.; sono quindi richieste  la deregolamentazione e la promozione di condizioni di concorrenza.

(Parte I) (Parte III)

martedì 16 luglio 2013

Piena occupazione e sostenibilità ambientale - parte I - di Mathew Forstater. Working Paper N° 13.




Questo lavoro suggerisce che l'implementazione di un programma di servizio di pubblico impiego (PSE [Public Service Employment n.d.t.]) o di lavoro garantito (JG [Job Guarantee n.d.t.]) con i principi della finanza funzionale può essere progettato per promuovere la sostenibilità ambientale. Le economie capitaliste non regolamentate, o scarsamente regolamentate, sono insoddisfacenti, sia a livello macroeconomico (qui concentriamoci sulla disoccupazione, ma anche sulla stabilità dei prezzi), che a livello di sostenibilità ambientale. Gli approcci tradizionali, che affrontano sia la disoccupazione che il degrado ambientale, sono insufficienti per raggiungere la piena occupazione e la sostenibilità ambientale, e spesso le proposte per raggiungere uno di questi due obiettivi non concordano con l'altro. Un programma PSE basato sulla  finanza funzionale può conseguire la piena occupazione; e anche presentare opportunità per promuovere la sostenibilità ambientale. Un approccio di finanza funzionale per una riforma fiscale ecologica offre l'opportunità di promuovere sia gli obiettivi macroeconomici che quelli ambientali. La flessibilità di un sistema PSE può anche essere utilizzata per promuovere la sostenibilità in un certo numero di altri modi. I lavoratori PSE possono anche eseguire una serie di servizi ambientali, tra cui il monitoraggio, la pulizia, il riciclaggio, l'educazione, e altro ancora.

(Parte II) (Parte III)

Finanza funzionale e “ratio” del debito – parte V – Scott Fullwiler.



Questa serie in cinque parti esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente  insostenibili, in ultima analisi, la preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.

Questa quinta parte finale (!) applica la finanza funzionale alle proiezioni del CBO [Congressional Budget Office n.d.t.] del governo nella prospettiva di lungo periodo e poi conclude con le osservazioni per l’intera serie.

Finanza funzionale, ratio del debito e proiezioni del CBO.

Infine, cerchiamo di applicare questo approccio di finanza funzionale al mix di politiche fiscali/monetarie per l'attuale dibattito su diritti futuri e le recenti proiezioni del CBO. Come mostrato nella Tabella 5 presa dalle proiezioni, proprio del CBO, ritenute più probabili, il rapporto debito/PIL è destinato a salire al 199% entro il 2037 come risultato dell’aumento del deficit totale di bilancio al 17,2% del PIL e disavanzi primari che sono del 7,7% del PIL. I disavanzi primari derivano in gran parte dal presupposto che la spesa autorizzata (Social Security, Medicare, Medicaid) aumenta del 6,2% del PIL. Come risultato dei disavanzi primari, il rapporto di servizio del debito sale dall'attuale 1,4% del PIL al 9,5% del PIL.

sabato 13 luglio 2013

Finanza funzionale e “ratio” del debito – parte IV - Scott Fullwiler.



Questa serie in cinque parti esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente  insostenibili, in ultima analisi, la preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.

Questa quarta parte integra il contenuto delle prime tre parti con la strategia di finanza funzionale per la politica fiscale – questa parte è la più lunga e dettagliata delle quattro.

Finanza funzionale e sostenibilità fiscale.

Abbiamo raggiunto il punto in cui possiamo integrare il concetto di sostenibilità fiscale – come la convergenza o perlomeno una crescita limitata degli interessi sul debito [e/o servizio del debito n.d.t.] – con la finanza funzionale. Per fare questo, abbiamo prima bisogno di un’iniziale digressione  sul concetto ricardiano di politica di bilancio (si veda il paper di Pavlina Tcherneva per un migliore punto di vista della MMT su questo).   Il punto di vista del Nuovo Consenso che è venuto a dominare l'economia neoclassica nella prima decade del 2000 ha sostenuto un mix di politiche macroeconomiche in cui la politica monetaria gestiva l'economia e l'inflazione, attraverso una strategia mirata su regole come la legge di Taylor, per la regolazione del tasso di interesse e la politica fiscale, largamente andate fuori strada, semplicemente aderendo al proprio vincolo di bilancio intertemporale, ed impostando le tasse correnti e future con la spesa in modo tale che il rapporto debito/PIL non aumentasse senza limite (un po' più sul mix di politiche qui). Una politica di bilancio che consente di ottenere questo è chiamata ricardiana dai neoclassici. Una politica fiscale ricardiana non interferisce con la gestione della banca centrale della macroeconomia - nella maggioranza dei casi è preferibilmente passiva e risponde endogenamente solo al suo vincolo di bilancio intertemporale.

mercoledì 10 luglio 2013

Finanza funzionale e “ratio” del debito parte III – Scott Fullwiler.


Questa serie in cinque parti esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente  insostenibili, in ultima analisi, la preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.

Questa terza parte discute l’andamento storico dei tassi di interesse negli Stati Uniti sul debito nazionale in un contesto fiscale sostenibile.

Tassi di interesse vs. crescita storica dei tassi.

Se gli interessi sul debito nazionale sono una variabile politica, allora ci aspetteremmo di vedere i tassi di interesse sui titoli del Tesoro a più lungo termine seguire i movimenti della posizione di politica della Fed, almeno per la maggiore. Altri sostengono che il "tasso naturale" per questi dovrebbe essere più in linea con la crescita del PIL nominale, che non a caso è coerente con la teoria macroeconomica neoclassica in cui i tassi di interesse sono il risultato del settore "reale" dell'economia, non delle variabili monetarie come sosteneva Keynes, ma questa è storia per un’altra volta. Ci sono un sacco di sfumature, tipo se e come la teoria neoclassica rappresenti anche i tassi di interesse delle diverse scadenze (o i rischi di default per quelli), ma lasceremo questo da parte. Il problema da considerare qui è semplicemente se i tassi di interesse a lungo termine seguano la politica monetaria - cioè sono una variabile politica - o seguano la crescita nominale del PIL per lunghi periodi di tempo.

domenica 7 luglio 2013

Finanza funzionale e “ratio” del debito – parte II – Scott Fullwiler.



Questa serie in cinque parti esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente  insostenibili, in ultima analisi, la preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.

Questa seconda parte discute dei tassi di interesse sul debito nazionale nel contesto di un emettitore di moneta che opera con tassi di cambio flessibili.

Tassi di interesse e tassi di cambio flessibili.

Facciamo il caso che i bond vigilantes possano, o potranno, aumentare i tassi di interesse sul debito degli Stati Uniti e che questo sia comunque un problema. Per fortuna, Paul Krugman ha iniziato a spiegare questo più e più volte, anche da un punto di vista neoclassico tradizionale – in breve, Krugman ha dimostrato che "a causa del fatto che l'America ha la sua moneta ed  un tasso di cambio fluttuante, una perdita di fiducia non porterebbe ad un aumento nella contrazione dei tassi di interesse, ma ad una caduta espansiva del dollaro". Egli fornisce un semplice macro modello di economia aperta per spiegare questo punto, che dovrebbe essere una lettura obbligatoria in ogni corso base di laurea [undergraduate nella comparazione degli ordinamenti corrisponde alla nostra laurea triennale n.d.t.], o almeno al livello intermedio, in cui il modello IS-LM o il “New Consensus approach” sono insegnati (se non altro per la ragione che dovrebbero averlo già capito, ma di solito non è così, come spiegato dalla prospettiva del loro stesso modello preferito - cioè il punto di Krugman dovrebbe essere ovvio a chiunque capisca questi modelli da libri di testo). Scrive così:

Per quanto ne so, nessuna delle persone che lanciano degli avvertimenti hanno effettivamente tentato di prospettare un modello di come sembrerebbe un attacco. E c'è, credo, un motivo: è abbastanza difficile riprodurre un modello in cui i bond vigilantes riescono ad avere effetti importanti su un paese che mantiene un tasso di cambio fluttuante. In un semplice modello di Mundell-Fleming (il MF è fondamentalmente un IS-LM applicato all'economia aperta), un attacco dei bond vigilantes ha effetti molto diversi su un paese con un tasso di cambio fisso (o una shared currencyrispetto a un paese con un tasso di cambio fluttuante. In quest'ultimo caso, infatti, una perdita di fiducia è espansiva.

giovedì 4 luglio 2013

Finanza funzionale e “ratio” del debito – parte I – Scott Fullwiler.



Questa serie in cinque parti esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente  insostenibili, in ultima analisi, la preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.

La prima parte definisce la misura corretta del debito pubblico e poi si riferisce alla matematica per il  servizio del debito e alla “ratio” del debito.

Quale misura del debito pubblico è quella pertinente?

Qui alcune misure del debito nazionale e della sua “ratio” (dati del settembre 2012):

1.    Debito totale (15.86 trilioni di dollari o 102% del PIL);
2.     Debito detenuto da fondi fiduciari governativi (4.81 trilioni di dollari pari al 31% del PIL);
3.     Debito detenuto dalla Federal Reserve e dagli investitori privati ​​(11.04 trilioni di dollari o 71% del PIL);
4.     Debito detenuto da investitori privati ​​(9.38 trilioni di dollari o 60% del PIL);
5.     Debito detenuto da parte della Federal Reserve ($ 1.66 trilioni di dollari o 11% del PIL);
6.     Debito detenuto da investitori stranieri ($ 5.29 trilioni di dollari o 34% del PIL).

Si noti che queste misure non si escludono a vicenda. Le misure 2 e 3 sono incluse nella 1. Le numero 4 e 5 si combinano per pari alla numero 3. La numero 6 è inclusa nella 1, 3, e 4.