Questa serie in cinque parti esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente insostenibili, in ultima analisi, la preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.
La prima parte definisce la
misura corretta del debito pubblico e poi si riferisce alla matematica per il servizio del debito e alla “ratio” del debito.
Quale
misura del debito pubblico è quella pertinente?
Qui alcune misure del debito
nazionale e della sua “ratio” (dati del settembre 2012):
1. Debito
totale (15.86 trilioni di dollari o 102% del PIL);
2. Debito
detenuto da fondi fiduciari governativi (4.81 trilioni di dollari pari al 31%
del PIL);
3. Debito
detenuto dalla Federal Reserve e dagli investitori privati (11.04 trilioni di dollari o 71% del PIL);
4. Debito
detenuto da investitori privati (9.38 trilioni di dollari o 60% del PIL);
5. Debito
detenuto da parte della Federal Reserve ($ 1.66 trilioni di dollari o 11% del
PIL);
6. Debito
detenuto da investitori stranieri ($ 5.29 trilioni di dollari o 34% del PIL).
Si noti che queste misure non si
escludono a vicenda. Le misure 2 e 3 sono incluse nella 1. Le numero 4 e 5 si
combinano per pari alla numero 3. La numero 6 è inclusa nella 1, 3, e 4.
Nella teoria neoclassica del
vincolo di bilancio intertemporale è chiaro quale misura sia quella rilevante:
la misura che conta è quella parte del debito nazionale di proprietà del
settore non governativo. Cioè la numero 4 di cui sopra. Perché sarebbe quella giusta?
Perché conta solo il debito che può avere implicazioni macroeconomiche dirette,
tramite un default, sul settore privato che detenga il debito stesso o
attraverso trasferimenti al settore non governativo come conseguenza del
servizio del debito.
Si noti ancora una volta che
questa è la teoria economica neoclassica, non la MMT, ed è già in tutti i libri
di testo universitari, se si guarda con attenzione alle formule. E poiché gli MMTers
sono d'accordo - almeno nel senso che se ci fossero delle misure che contassero,
quella sarebbe l’unica - allora questo significa che tutti gli economisti
concordano sul fatto che dovrebbe essere la misura numero 4 quella che rileva
nel rapporto debito/PIL. Se non fossero d’accordo, quindi, non capirebbero la
loro scuola di macroeconomia preferita [e chiaro che qui l’autore non si
riferisce alla misura numerica del 60% bensì allo status di privato di chi
detiene il debito, n.d.t.].
Quindi, il rapporto debito/PIL
degli Stati Uniti è del 60%. Non del 102%. Siamo spiacenti, osservatori dell’orologio
nazionale del debito. Anche per gli standard neoclassici, il rapporto debito/PIL
degli Stati Uniti è molto modesto, ed è, in realtà, all'interno dei criteri di
Maastricht della UEM. È vero, potrebbe esserci un momento in cui la Fed vende i
titoli del Tesoro di sua proprietà attraverso una propria "strategia di uscita" dalle
"operazioni non convenzionali" (che di per sé rappresenterebbe una
mancanza di comprensione di queste operazioni - argomento per un'altra volta),
ma anche allora il rapporto debito/PIL sarebbe ancora solo circa del 65% o giù
di lì (la Fed non venderà tutti i suoi titoli del Tesoro che sono stati
acquistati per compensare il drenaggio di riserve da aumenti di valuta in tempi
normali).
Servizio
del debito contro ratio del debito.
Naturalmente, il rapporto debito/PIL
è destinato ad aumentare, forse di molto; questa è la vera preoccupazione di
tanti. Ma perché il rapporto debito/PIL rileva? O è rilevante? Ovviamente, il
rapporto debito/PIL in sé non fa nulla – il servizio del debito è quello che
alla fine porterà l'inflazione (come i servizi del governo accrescono
illimitatamente dati obblighi in interessi, che un governo può sempre
"permettersi" di affrontare semplicemente accreditando i conti
bancari nella propria moneta fiat) o il default a causa del desiderio di
evitare l'inflazione. Entrambi sono ovviamente rovinosi. Quindi,
matematicamente parlando, la sostenibilità della posizione fiscale del governo
non è relativa alla capacità del governo di spendere accreditando conti bancari
- anche se questo è molto importante per la comprensione del (a) perché un
governo può sempre "permettersi" azioni politiche che consentano una
economia di piena occupazione e (b) il motivo per cui non possono mai essere
forzati in un default involontario tramite la incapacità di pagare o rimborsare
i debiti - bensì a quanto è la dimensione del servizio del debito rispetto alle
dimensioni dell'economia. Al fine di impedire al servizio del debito di salire
senza essere legato alla capacità produttiva dell'economia, matematicamente, una
di due cose deve accadere.
La prima è che il saldo primario
del governo (cioè, la posizione di bilancio prima di aggiungere il servizio del
debito) possa essere sufficientemente in surplus in modo che il governo non emetta
nuovo debito per pagare tutti i suoi interessi. Quanto grande deve essere
l’avanzo primario dipende da una serie di cose. Per esempio, se si parte con un
rapporto corrente debito/PIL del 60% e supponiamo che il saldo primario del
bilancio per il 2013 sarà di circa il -5% (era il 5,5% nel 2012), quindi si
assume, in media, che il tasso di crescita del PIL nominale sarà del 5%, ed il
tasso di interesse medio sul debito nazionale sarà del 6%; in questo caso il
saldo di bilancio primario dopo il 2013, necessario perché il servizio del
debito in ultima analisi converga (cioè, smetta di crescere), è un surplus di
0,62% della media del PIL. Ciò è mostrato nella prima fila di numeri della
tabella 1. Questo permette al rapporto debito/PIL di tornare e convergere al
livello del 65% su cui si attesta nel 2013 (per l’ipotesi data di un deficit
primario del 5% ipotizzato per il 2013). Per inciso, si noti che il saldo di
bilancio totale convergeva a -3,1% del PIL cioè - in altre parole, anche nel
modello neoclassico – un deficit di bilancio permanente sostenibile; mentre la
maggior parte degli economisti già dovrebbe capire questo, il pubblico in
generale non lo capisce, quindi vale la pena sottolinearlo. La seconda fila di
numeri in tabella 1 ci dice che anche un modesto disavanzo primario pari all'1%
del PIL, porta a una crescita illimitata nel servizio del debito, nel deficit
di bilancio complessivo e nel livello di indebitamento.
Tabella
1 - ratio del debito 2012 = 60%; saldo primario di bilancio 2013 = -5%.
[Da sinistra a destra negli spazi
blu: crescita del PIL nominale; tasso di interesse medio sui titoli; saldo
primario di bilancio necessario perché il debito converga nel post
2013; servizio del debito 2013; saldo totale di bilancio 2013; rapporto
debito/PIL 2013; convergenza del servizio del debito; convergenza del saldo
totale di bilancio; convergenza del rapporto debito/PIL. Nella prima linea
troviamo i dati appena riportati nel caso di un saldo primario attivo dopo il
2013 – con i dati così come prospettati su crescita, tassi di interesse, ecc. ecc..
Nella seconda i dati relativi ad un saldo primario negativo, dopo il 2013, dell’1%,
n.d.t.].
In alternativa, la seconda cosa
che potrebbe accadere è che il tasso di interesse sul debito pubblico sia
abbastanza basso che un disavanzo primario permanente possa essere coerente con
un servizio del debito che non cresce senza essere legato alla rispettiva
capacità di produrre beni e servizi. La prima fila di numeri nella tabella 2
mostra che per far convergere i livelli del 2013, il saldo di bilancio primario
può essere permanente al -0,62% del PIL se il tasso di interesse medio sul
debito nazionale è del 4% anziché del 6% - cioè se il tasso di interesse sul
debito nazionale è inferiore al tasso di crescita del PIL. In questo caso, il
servizio del debito è il 2,48% del PIL e il saldo di bilancio primario è di
nuovo -3,1% del PIL. Ancora più importante, dato un tasso di interesse
inferiore alla crescita del PIL, il deficit di bilancio primario finirà per
convergere - così, la seconda fila di numeri in tabella 2 mostra che un saldo
primario del -1% convergerà in un rapporto debito/PIL del 105% ed un servizio
del debito al 4%.
Tabella
2 – ratio del debito 2012 = 60%; saldo primario di bilancio 2013 = -5%.
[Da sinistra a destra come sopra,
ma in questo caso gli interessi medi sono del 4%; mentre un caso rappresenta un
saldo primario di bilancio post 2013 in deficit di 0,62%; l’altro il saldo
medesimo con un deficit di un punto percentuale, n.d.t.]
La tabella 3 è tratta da un
articolo che ho
scritto nel 2006 e mostra come diversi tassi di interesse – tutti inferiori al
previsto tasso di crescita del PIL - sono coerenti con la convergenza del
servizio del debito ad un livello finito del PIL per diversi disavanzi primari
incorsi in perpetuo, anche quelli abbastanza grandi in rapporto al PIL. (La
tabella comprende anche il fatto che gli obbligazionisti dovranno pagare le
tasse su una parte del servizio del debito.)
Tabella 3 – da un precedente
lavoro.
[Esborsi in interessi in
percentuale del PIL per combinazioni di deficit e tassi di interessi, con una
crescita nominale del PIL del 6%, partendo da un rapporto debito/PIL del 50%.
Le ipotesi prevedono un tasso di interesse (prima colonna) da 1% a 5%; un saldo
primario annuale in deficit dal 2% al 4% al 6% (seconda colonna); gli interessi
a 30 anni (terza colonna) con tasse allo 0% e al 20% (prima e seconda sotto-colonna)
e 75 anni (quarta colonna) sempre con tasse allo 0% e al 20% (terza e quarta
sotto-colonna); e la convergenza annua e degli interessi (colonna cinque) con
tasse allo 0% e al 20% (sotto-colonne cinque e sei), n.d.t.]
Certo che non è necessariamente
il caso che ognuno di questi livelli di servizio del debito non siano
inflazionistici – tutti, o nessuno, lo potrebbero essere, a seconda dello stato
dell'economia. Indipendentemente da ciò, in termini di convergenza o crescita illimitata
del tasso di indebitamento, come Jamie Galbraith “l’ha messa”, "questo
è il tasso di interesse, stupido!". Dal momento che qualsiasi livello di
disavanzo primario può convergere se il tasso di interesse è inferiore al tasso
di crescita.
Tuttavia, mentre gli MMTers amano
concentrarsi sul tasso di interesse relativamente al tasso di crescita
dell'economia, i neoclassici si concentrano sulla dimensione del disavanzo
primario. La ragione è che, come sentiamo tutti i giorni, i bond vigilantes
attaccheranno se non teniamo la nostra "casa in ordine" ed “abbatteranno”
i deficit primari previsti. Mentre i tassi di interesse ora sono bassi, dicono,
i mercati obbligazionari potrebbero ribellarsi o la Cina potrebbe vendere i
suoi titoli del Tesoro ed i tassi di interesse sul debito saliranno alle
stelle. In tal caso, anche il servizio del debito andrà alle stelle, così poi -
come spiegato sopra - la scelta per il governo sarà tra "stampare
denaro" per finanziare la crescita illimitata del servizio del debito o il
default, che è essenzialmente una scelta tra la morte per impiccagione o per iniezione
letale. E quindi il fatto che ci sono bond vigilantes in grado di determinare i
tassi di interesse sul debito degli Stati Uniti significa che l'unico punto su
cui ci si dovrebbe focalizzare è il disavanzo primario.
Inoltre le loro azioni per far aumentare
i tassi di interesse possono essere improvvise, siamo avvertiti. Come Robert Rubin, Peter Orszag, e Allen Sinai hanno scritto nel 2004 (sempre dal mio lavoro del 2006):
Le
conseguenza avverse di sostenere ampi deficit di bilancio possono essere ben
maggiori e accadere più improvvisamente di quanto comunque le tradizionali
analisi indichino. Deficit sostanziali progettati per il futuro possono causare
un cambiamento nelle aspettative dei mercati e determinare una perdita di
fiducia sia interna che esterna … Questa omissione (delle analisi
convenzionali) non è comprensibile e appropriata nel contesto di deficit che
sono piccoli e temporanei; ma aumenta la insostenibilità in ambienti con grossi
deficit permanenti. (Rubin, Orszag and Sinai 2004,1).
E qui si vede perché il rapporto debito/PIL
e la proiezione dello stesso conti per i neoclassici – loro influenzano fortemente la fiducia degli
investitori, che influenza fortemente i tassi di interesse sul debito pubblico.
Questo è proprio come quando i rating per le imprese private o i governi
nazionali/locali sono guidati in parte dagli indici di indebitamento, che pertanto
influenzano in modo significativo i tassi di interesse a carico dei mutuatari.
Mankiw e Ball (2005) riassumono i sentimenti della
stragrande maggioranza degli economisti, dei politici, e di altri - "Possiamo
solo immaginare quale livello di debito innescherà un cambiamento di fiducia
degli investitori ... Se i politici sono prudenti, non prenderanno la
possibilità" di trovare il punto di svolta preciso che genera una crescita
non limitata al relativo servizio del debito per la capacità dell'economia.
Così è, ci viene detto, come sono in realtà i rapporti attuali e previsti del
debito, che in ultima analisi, guideranno il servizio del debito attraverso i
tassi fissati dai mercati obbligazionari privati; e l'unica garanzia di
sostenibilità, sia matematica che reale, è quella di impostare una politica in
modo che per il futuro si proiettino delle eccedenze, non dei deficit. In
breve, i governi - anche quelli che emettono moneta - sarebbero in balia della
fiducia del mercato.
Nella seconda parte vedremo come
sono determinati i tassi di interesse sul debito nazionale.
Con la collaborazione di Giacomo Bracci dell'associazione Economia Per I Cittadini.
Con la collaborazione di Giacomo Bracci dell'associazione Economia Per I Cittadini.
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