Fonte: http://neweconomicperspectives.org/2013/01/functional-finance-and-the-debt-ratio-part-iv.ht
ml
Questa serie in cinque parti
esaminerà a lungo (attenzione!) e in dettaglio (altro avvertimento – avviso ai
secchioni!) la prospettiva della MMT sul rapporto debito/PIL e la sostenibilità
fiscale. Mentre l'approccio suggerisce una combinazione di politiche
macroeconomiche e di strategie, per le politiche fiscali e monetarie, che la
maggior parte degli economisti neoclassici credono siano attualmente insostenibili, in ultima analisi, la
preferenza della MMT per un ruolo significativo della politica fiscale nella
stabilizzazione macroeconomica si è dimostrata essere coerente anche con le
tradizionali vedute neoclassiche sulla sostenibilità fiscale.
Questa quarta parte integra il
contenuto delle prime tre parti con la strategia di finanza funzionale per la
politica fiscale – questa parte è la più lunga e dettagliata delle quattro.
Finanza
funzionale e sostenibilità fiscale.
Abbiamo raggiunto il punto in cui
possiamo integrare il concetto di sostenibilità fiscale – come la convergenza o
perlomeno una crescita limitata degli interessi sul debito [e/o servizio del
debito n.d.t.] – con la finanza funzionale. Per fare questo, abbiamo prima
bisogno di un’iniziale digressione sul
concetto ricardiano di politica di bilancio (si veda il paper di Pavlina
Tcherneva per un migliore punto di vista della MMT su questo). Il punto di vista del Nuovo Consenso che è
venuto a dominare l'economia neoclassica nella prima decade del 2000 ha
sostenuto un mix di politiche macroeconomiche in cui la politica monetaria
gestiva l'economia e l'inflazione, attraverso una strategia mirata su regole
come la legge di Taylor, per la regolazione del tasso di interesse e la
politica fiscale, largamente andate fuori strada, semplicemente aderendo al
proprio vincolo di bilancio intertemporale, ed impostando le tasse correnti e
future con la spesa in modo tale che il rapporto debito/PIL non aumentasse
senza limite (un po' più sul mix di politiche qui). Una politica di bilancio che consente di ottenere questo è
chiamata ricardiana dai neoclassici. Una politica fiscale ricardiana non
interferisce con la gestione della banca centrale della macroeconomia - nella
maggioranza dei casi è preferibilmente passiva e risponde endogenamente solo al
suo vincolo di bilancio intertemporale.
D'altra parte invece, quando la
politica fiscale è impostata in maniera esogena per avere avanzi permanenti
incompatibili con il mantenere un rapporto debito/PIL ad un livello determinato
affinché non salga senza limite, si parla di politica fiscale non ricardiana. Ciò,
ovviamente, non interferisce con i tentativi della banca centrale di gestire la
macroeconomia. Questo perché aumentare il tasso di interesse per rallentare
l'inflazione in uno scenario non ricardiano sbocca in una maggiore domanda
aggregata attraverso gli interessi sul debito, altrimenti il governo deve "stampare
denaro" per evitare il default e così aumenta l'inflazione.
Mentre questa comprensione del
mix di politica monetaria/fiscale è riconosciuto nella letteratura sulla
sostenibilità fiscale, è sconcertante quanto spesso lo stesso venga trascurato
nelle analisi neoclassiche standard degli effetti delle politiche
macroeconomiche. In effetti, la maggior parte di qualsiasi analisi neoclassica
di politica monetaria mostra il suggerimento che i tassi di interesse e la
spesa sono sempre correlati negativamente. Come spiegato nel 2005 da
Stephanie Kelton e Rex Ballinger, è spesso
dimenticato il fatto che i pagamenti di interessi a favore del settore
non-governatvio sono sempre reddito del settore privato e, quindi, l'analisi
dovrebbe sempre comprenderlo come tale e non usarlo solo per circostanze
particolari. Kelton e Ballinger presentano quella che abbiamo imparato a
chiamare "la curva della Kelton," (Figura 6), che mostra come la
relazione tra tassi di interesse e la domanda aggregata possa essere
"perversa", rispetto alla visione più tradizionale, se l'aumento dei
tassi di interesse aumenta la spesa ed il PIL (come nel passaggio da I1
a I2 che aumenta Y a Y * nello scenario del rapporto debito /PIL).
Figura 6 – effetti previsti
contro effetti perversi: la curva della Kelton.
[Sulle ascisse abbiamo la spesa,
sulle ordinate il tasso di interesse; mentre la graffa superiore riguarda bassi
rapporti debito/PIL, quella inferiore alti rapporti debito/PIL, n.d.t.]
Si noti che la curva della Kelton
non riguarda solo l'aumento dei tassi – ma funziona anche al contrario (cioè,
una mossa da I2 a I1), cioè quello che sta accadendo in
questo momento, con il record dei bassi tassi esacerbati dalle operazioni di QE
che riducono la struttura del termine dei tassi di interesse, sostituendo
titoli del Tesoro a lungo termine con i saldi di riserva overnight. Come Randy Wray ha spiegato qualche
mese fa, l'effetto di una rendita negativa dei bassi tassi di interesse è stato
significativo nel compensare qualsiasi stimolo fiscale:
Ma
c'è un lato più oscuro. I bassi tassi di deposito e le alte tasse stanno cancellando
i risparmiatori. Non sto dicendo nulla che non sapete. Non si può nemmeno avere
mezzo punto percentuale sui risparmi in banca. Certo, anche il tasso ipotecario
si è abbassato, ma l'effetto netto è il drenaggio di reddito del consumatore.
Ecco una citazione da un rapporto di Credit Suisse:
L'effetto collaterale della
medicina della FED dell’interesse vicino allo zero - il crollo del reddito
personale da interessi nel corso degli ultimi anni. La flessione del margine di interesse in
realtà stima di rimpicciolire i risparmi da interessi sul debito. L’allegato 2
confronta l'evoluzione dei costi del servizio del debito per le famiglie e i
redditi personali da interessi. Entrambi gli aggregati hanno raggiunto il picco
intorno a 1.4 trilioni di dollari più o meno allo stesso tempo - alla metà del
2008. Secondo la nostra analisi dei dati della Federal Reserve, il servizio del
debito totale - che comprende i mutui e i costi di servizio dei consumatori - è
206 miliardi sotto il picco. La contrazione del margine di interesse ammonta a
circa 407 miliardi dal suo picco, più del doppio del guadagno atteso dal più
basso servizio del debito.
Mettiamolo
in prospettiva. Ricordate lo stimolo fiscale di Obama? Circa 400 miliardi di
dollari l'anno per due anni - diciamo quasi il 3% del PIL. C'è stato un grande
dibattito sul fatto di come "ha funzionato". Solo i veri matti
credono che non ci abbia salvato da una recessione ancora peggiore di quella
che abbiamo attraversato.
Bene,
il QE sta rimuovendo una quantità di domanda aggregata dall'economia pari alla
metà dello stimolo di Obama. E non è solo per due anni - andrà avanti e avanti
e avanti, anno dopo anno dopo anno, fino a quando la FED perseguirà la ZIRP
[Zero Intrest Rate Policy n.d.t.].
Così
il QE dovrebbe stimolare l'economia prendendosi l’1,5% del PIL ogni anno?
Così
come abbiamo imparato nel caso del Giappone - che ha sperimentato la ZIRP negli
ultimi due decenni - tassi estremamente bassi tolgono più domanda dall'economia
rispetto a quella che mettono. Così la
Fed ha scambiato il freno per l’acceleratore: il QE sbatte su i freni, ma la
Fed pensa che sia una accelerata per l'economia. L'unica cosa di cui possiamo
essere grati è che la Fed sta guidando un risciò e non una Buick. Il danno che
può fare non è letale.
Non
fraintendetemi, io non sono contro la ZIRP – sarei per la ZIRP sempre - ma
abbiamo bisogno di capire che non stimola l'economia.
E abbiamo appena scoperto la
scorsa settimana che il QE ha completamente rimosso ancora quasi 90 miliardi di dollari di reddito del settore privato nel 2012.
Contrariamente ai neoclassici che
credono che ci sia un certo tasso di interesse che porterà sempre alla stabilizzazione
macroeconomica, gli MMTers e altri (come gli Orizzontalisti) pensano che le
cose siano molto più complesse, come ci sono molteplici tassi di interesse (quale
tasso dovrebbe essere negativo? il modello del Nuovo Consenso ha solo un tasso),
i rapporti poco chiari tra tutti loro (il QE3 ed i suoi effetti sui tassi dei
mutui sono solo un esempio delle incertezze), ed in ultima analisi la
molteplicità, compensano i meccanismi di trasmissione che devono essere
considerati (ancora di più è che i tassi di breve termine sono costi di produzione
tramite capitale finanziario circolante e sono perversamente legati ai prezzi
delle case come misurato dal CPI).
In breve, una strategia con la regola di Taylor semplifica eccessivamente e grossolanamente
il contesto del mondo reale della politica monetaria, quindi la sua
applicabilità è sempre stata vista dagli MMTers come altamente discutibile,
anche se vi è, ovviamente, qualche verità nell'idea che una parte della spesa è
correlata negativamente alle variazioni dei tassi di interesse.
In un mondo in cui la regola di
Taylor è una grossolana semplificazione, con un mix di politiche
macroeconomiche basate esclusivamente sulla politica monetaria, mentre i responsabili
politici controbilanciano passivamente il bilancio
intertemporale, quella è anche eccessivamente semplicistica e persino
distruttiva. Dal nostro punto di vista, la politica fiscale dovrebbe invece
seguire una strategia di finanza funzionale (vedi qui e qui per ulteriori informazioni) in cui
i risultati della politica di bilancio, in termini di disoccupazione, di
produttività (tenore di vita) e di inflazione sono quello che conta, non la
dimensione del rapporto debito/PIL ex sé. Una strategia di finanza funzionale
opportunamente progettata incorporerebbe forti stabilizzatori automatici,
nonché un "kit di strumenti" opzionali per gestire le condizioni in
cui sono necessari stimoli più grandi o più moderati.
Per necessità, questi dettagli
sono oltre lo scopo di questi articoli - anche se si può notare che la regola di Taylor è in realtà altrettanto priva
di dettagli, se non di più; contrariamente alla posizione elevata in cui è
tenuta dai neoclassici, come la finanza funzionale, quella è semplicemente uno
dei principi o dei criteri per guidare i responsabili politici a prendere
decisioni strategiche del mondo reale basate su un particolare punto di vista
di come funziona il mondo stesso (ad esempio, aumentare i tassi di interesse
quando l'inflazione sale o il divario con PIL scende, e viceversa; alzare i
tassi di interesse oltre il previsto aumento dell'inflazione).
Per la finanza funzionale, la
prospettiva è che (a) una valuta emessa dal governo in regime di cambi
flessibili non è vincolato dalle regole più tradizionali della "finanza
sana" e (b) gli interessi sul debito nazionale sono una variabile di
politica monetaria, non un tasso stabilito da "forze di mercato" o
bond vigilantes. Come tale, nel contesto di un elevato rapporto debito/PIL - e
supponiamo che gli Stati Uniti siano una nazione con elevato rapporto debito/PIL,
almeno per amor di discussione - ci sono diversi approcci che si possono
considerare. Qui ce ne sono due, anche se questi non si escludono a vicenda,
anzi:
In primo luogo, Godley e Lavoie hanno
progettato una “regola” di politica fiscale di finanza funzionale che aumenta
la spesa quando il PIL è inferiore al suo potenziale, la taglia quando il PIL è
al di sopra di questo e regola anche la spesa pubblica per la differenza tra
l'inflazione effettiva e quella mirata. Loro mostrano che qualsiasi tasso di
interesse in questo caso è coerente con un rapporto debito/PIL stabile, tramite
questa "regola" di finanza funzionale. La chiave è quella di riconoscere
che la regola di finanza funzionale sarà sempre quella di ridurre la spesa ogni
volta che il deficit sarebbe altrimenti troppo grande per il potenziale del PIL
o per raggiungere l’obiettivo sull’inflazione
e che questa regola genera in
coincidenza anche un rapporto debito/PIL stabile. Se i tassi di interesse sono
alti ed il servizio del debito è in aumento, come il PIL potenziale torna al
suo posto, altra spesa pubblica diminuirà secondo la regola, con la
stabilizzazione sia del PIL che, per il contesto qui in discussione, del
disavanzo primario, in modo coerente con un qualsiasi livello di rapporto
debito/PIL stabile. Se i tassi di interesse sono bassi, la norma consente ad
altra spesa di salire fino a raggiungere il PIL potenziale, ma non oltre. In
altre parole, l'impostazione della strategia di finanza funzionale, come semplice
regola, di una versione di politica fiscale della regola di Taylor, mostra che
una vera e propria politica fiscale di finanza funzionale è sempre ricardiana.
Godley e Lavoie poi hanno notato
che un’efficace regola di finanza funzionale - effettuando l'operazione di
stabilizzazione macroeconomica di per sé - consentirebbe alla politica
monetaria di concentrarsi sugli effetti
distributivi della stessa. Citano gli altri che hanno proposto un tasso "equo"
per il target dello stesso tasso di interesse, che rappresenta il tasso di
crescita della produttività più l'inflazione, che consentirebbe ai rentiers di
guadagnare tanto quanto i salariati (almeno in teoria), non di più. Per i nostri
scopi qui si noti come un tasso di interesse negativo - che molti neoclassici suggeriscono
sia ormai opportuno – colpisca la redistribuzione; al di là degli effetti di
compensazione sullo stimolo fiscale riportati da Wray, la distribuzione tra
risparmiatori e debitori del settore privato potrebbe portare un tasso di
interesse nominale negativo deflazionistico, poiché mentre i neoclassici
credono che interessi negativi portano i risparmiatori a spendere, in realtà la
maggior parte dei pensionati riceve solo meno reddito in questo caso dai propri
titoli del Tesoro, depositi a termine e così via; e quindi spendono meno in
seguito.
Un secondo punto di vista – ancora,
che non necessariamente si esclude a vicenda con Godley/Lavoie - è un altro più
puramente ispirato alla MMT, quello che Stephanie Kelton e io abbiamo presentato
nel 2007, in cui un tasso di interessi a breve termine costantemente basso è
accoppiato con una strategia di finanza funzionale. Il basso tasso di interesse
garantisce che il servizio del debito non aumenti senza limite a prescindere
dal rapporto debito/PIL o dal deficit, mentre la strategia di finanza
funzionale (come in Godley/Lavoie) compenserà qualunque mix di effetti
inflazionistici o deflazionistici del basso tasso di interesse prevalenti, in
ultima analisi nel breve termine (e per i pensionati, i rendimenti minori del
portfolio - che possono o non possono esserci – possono essere bilanciati
attraverso la politica fiscale, come da recente proposta di
Warren Mosler). In coerenza con la regola di Godley/Lavoie, si è fatto
riferimento ad una vera strategia di finanza funzionale con una posizione di
bilancio "neutro", come si potrebbe facilmente estendere la regola di
finanza funzionale di Godley/Lavoie per mostrare che ci sarebbe stato un
bilancio "neutrale" di finanza funzionale per qualsiasi posizione del
tasso di interesse sul debito pubblico e, quindi, ogni rapporto debito/PIL. Un
tasso di interesse più basso, come noi proponiamo qui, potrebbe essere in linea
con un clima politico in cui potrebbe essere meno politicamente fattibile
ridurre rapidamente il deficit primario a fronte di un servizio del debito in
aumento. E in quel caso, un fautore della finanza funzionale riferirebbe alla
politica monetaria come insostenibile, ma non alla politica fiscale, in quanto,
in un ambiente con elevato rapporto debito/PIL, sarebbe molto più semplice
ridurre l’obiettivo sul tasso di interesse, rispetto a richiedere un'azione
fiscale per contrastare la politica monetaria.
Figura 7.
Un bilancio neutrale alternativo, politica dei bassi tassi di
interessi.
· A causa della distorsione inflazionistica presente
in un alto debito, le politiche con alti tassi di interesse è meglio siano sostituite con una politica di
tassi di interesse verso lo zero.
· Per bilanciare i contraddittori effetti di una
politica di tasso di interessi a zero, i redditi privati potrebbero essere
supportati tramite la creazione diretta di lavoro (Minsky, Wray, Mitchell,
Mosler, Forstater).
· Se il governo usa il suo bilancio per mantenere la
piena occupazione, permettendo al suo debito di crescere (decrescere) in tempi
in cui la domanda è stagnante, possiamo caratterizzare la posizione del suo
budget come “neutrale”.
· Con un bilancio neutrale, un politica di tassi di
interesse a zero dovrebbe essere meno inflazionaria rispetto ad un alto debito
e ad uno schema ad alto tasso di interesse, dacché i lavoratori contribuiranno
alla produzione reale piuttosto che semplicemente al suo consumo.
(La preferenza per un basso tasso
di interesse piuttosto che uno "giusto" e come sono definiti a
livello tecnico devo qui trascurarlo, anche se devo dire che i miei colloqui
con alcuni Orizzontalisti, che favoriscono la seconda delle due norme, non sono
necessariamente contraddittori, anche se il tasso "giusto" non è
necessariamente un tasso overnight (potrebbe essere un tasso a lungo termine),
mentre la proposta della MMT fa riferimento al tasso overnight.).
Un'altra ragione per cui la
regola di Taylor per la politica monetaria ed un bilancio intertemporale
equilibrato per la politica fiscale mix dei neoclassici sia problematica, in
tutti i settori dell’economia, è a causai dei saldi settoriali finanziari e per
i modelli coerenti di stock-flusso. Chiunque legga la letteratura MMT conosce
già la identità contabilità in cui il surplus del settore privato e/o risparmio
netto = disavanzo pubblico + saldo delle partite correnti.
Per riassumere brevemente, il
punto chiave è che in assenza di un surplus di partite correnti o un disavanzo pubblico, il settore privato
nazionale non può avere risparmi netti, mentre generalmente si cerca di farlo,
almeno in media. Per fortuna, un governo emittente di valuta in regime di cambi
flessibili, è in grado di soddisfare questo desiderio avendo un deficit di
bilancio, anche se non vi è alcun surplus delle partite correnti e può eseguire
un disavanzo ancora più grande se vi è un deficit di partite correnti per
consentire al settore privato risparmi netti. Da non confondere con il
risparmio o la spesa per investimenti del settore privato (anche se molti lo
fanno, purtroppo), il risparmio netto è semplicemente un indicatore di quanta
spesa un intero settore sta facendo rispetto al reddito del settore stesso;
cadendo il risparmio netto tende ad essere un segnale di uno spostarsi da coperture
finanziarie minskyane, e viceversa.
Una distinzione importante tra la
politica monetaria e fiscale, che spesso non è riconosciuta, è quella che gli
stimoli monetari "operano" attraverso una riduzione del risparmio
netto del settore privato, mentre gli stimoli fiscali funzionano attraverso un
aumento del risparmio netto del settore privato (vedere di più su questo qui). Cioè,
il taglio dei tassi di interesse attraverso la strategia della regola di Taylor
per stimolare l'economia può "funzionare", se il risultato è, per
esempio, un aumento della spesa capitale del business o un aumento della spesa
delle famiglie, in entrambi i casi in relazione al reddito. Questo, in ultima
analisi, aumenta le entrate fiscali per il governo federale, migliorando in tal
modo l'equilibrio del bilancio pubblico e riducendo il risparmio netto del
settore privato (si noti – solo un attimo a parte - che il risparmio del
settore privato aumenta soprattutto con la spesa capitale del business – per
una definizione contabile – ma il risparmio netto del settore privato è
diminuito). Per la politica fiscale, vi è un trasferimento di reddito o un
taglio delle tasse che prima solleva il reddito del settore privato - il risultato della spesa susseguente si
tradurrà in entrate fiscali aggiuntive che in qualche modo compensano l'aumento
iniziale di risparmio netto per il settore privato, ma l'effetto complessivo è
un aumento, a parte i casi di effetti moltiplicatori estremamente grandi (che
probabilmente accadono solo in teoria).
Per vedere come questi differenti
effetti rilevino sulla questione del risparmio privato netto, prendete in considerazione le figure 8 e 9 di Bill Mitchell che
presentano una mappa della equazione dei saldi settoriali finanziari. La Figura
8 mostra un grafico (originariamente progettato da Rob Parenteau qui e qui, in cui
le partite correnti sono sull'asse orizzontale, il saldo di bilancio del
governo è sulla verticale, e una linea diagonale a 45 gradi tra i due saldi è il
punto in cui il saldo del settore privato è zero. La parte blu sotto la
diagonale è dove il saldo privato è positivo, mentre la parte rossa sopra la diagonale
è dove il saldo è negativo. La Figura 9 mostra che, per la sostenibilità del
settore privato - da un punto di vista minskiano, che analizza in dettaglio il
rischio di dissesto finanziario derivante dalle posizioni finanziarie degli
agenti del settore privato - a conti fatti il settore privato dovrebbe essere
nella parte blu. Se si assume il surplus del settore privato è di circa il 2%
del PIL medio - la media storica negli USA - poi la posizione di bilancio del governo
dovrebbe essere negativa, a meno che il saldo delle partite correnti sia almeno
il 2% del PIL.
Figura 8 – mappa dei saldi
finanziari settoriali.
[La linea verticale è il saldo di
bilancio (G-T), in surplus quando (G-T)<0, in deficit quando (G-T)>0; la
linea orizzontale è il saldo delle partite correnti (X-M), in surplus quando
(X-M)>0, in deficit quando (X-M)<0; la linea in diagonale è quella in cui
il saldo privato è 0, cioè (S-I)=0, quindi S=I.
Infine, l’area contrassegnata dal rosso è quella in cui il settore
privato è in deficit (S–I)<0, mentre quella in blu (S–I)>0 è il surplus
del settore privato n.d.t.]
Figura 9 – Spazio di politica
sostenibile e la mappa dei saldi finanziari settoriali
[l’area blu è lo spazio per una
politica sostenibile di un governo emittente di moneta n.d.t.]
Inoltre, mentre il settore
privato potrebbe desiderare un equilibrio in media del 2% (per esempio), in
realtà questo fluttuerà sensibilmente di anno in anno o di trimestre in
trimestre, come mostrato in figura 10 (dove il conto capitale è l'opposto delle
partite correnti, quindi tutti e tre i saldi possono essere mostrati per
generare immagini speculari attorno all'origine). In altre parole, perché il
risparmio netto desiderato dal settore privato alla piena occupazione possa fluttuare
in modo significativo – salendo molto durante le recessioni e diminuendo
considerevolmente durante le espansioni – la politica fiscale dovrebbe
rispondere a tono in direzione opposta, come una strategia di finanza
funzionale suggerirebbe. Basandosi invece sulla sola politica monetaria, per porre
fine a una recessione, richiede al settore privato di essere disposto a ridurre
il suo equilibrio nel momento esatto in cui in genere vuole aumentarlo (e
questo non è nemmeno menzionare l'accelerazione della fragilità minskiana che
può derivare dall’aumentare i tassi di interesse a breve termine e, quindi, nemmeno il prezzo del rifinanziamento che il costo dei debiti verso le istituti
finanziarie, al fine di fermare l'espansione che potrebbe essere stata il
risultato dell’incoraggiamento della politica monetaria ad una maggiore leva
finanziaria in precedenza all’espansione).
Figura 10 - saldi settoriali
finanziari come percentuale del PIL dal 1952 1° trimestre al 2012 3° trimestre.
[In blu il saldo del settore
privato domestico; in rosso quello del governo; in verde il conto capitale,
n.d.t.]
Insomma, ancora una volta un mix
di politiche neoclassiche e di politiche monetarie dominante e guidate da una
strategia fatta sulla regola di Taylor e una politica fiscale passiva, che equilibra
il suo bilancio intertemporale fondamentalmente in maniera inadeguata in quanto
si basa su una visione molto semplificata della macroeconomia che astrae dai
tassi di interesse multipli (il modello ha solo un tasso), dai multipli e dalle
compensazione dei meccanismi di trasmissione (di nuovo, il modello ne ha solo
uno), dalle fragilità monskiane (il modello non si assume il rischio di
insolvenza del settore privato, come molti hanno mostrato), da come le banche creano
denaro endogenamente da una questione di contabilità (il modello assume fondi
mutuabili), e dalla consistenza stock-flusso attraverso i settori dell'economia
(il modello assume uno “spiazzamento” fiscale a seguito di deficit fiscali).
Nel mondo reale, la politica
fiscale deve essere in grado di rispondere ai desideri di risparmio netto del
settore privato ed al pieno utilizzo della capacità; una strategia di politica
monetaria in base alla regola di Taylor in realtà fa il contrario. Questo non
significa necessariamente che non vi è alcun ruolo per la politica monetaria,
se uno è in grado di districare i multipli e compensare i meccanismi di
trasmissione (e gli MMTers vedono un ruolo rilevante per la politica monetaria
nel trattare con il rischio sistemico ed evitare le fragilità minskiane – e cosi anche
le bolle dei prezzi delle attività - nel sistema finanziario, anche se questo è
oltre la portata di questo post), ma significa che, anche in questo caso la
politica monetaria dovrebbe accogliere, da qualche parte, una strategia di
finanza funzionale per la politica fiscale nella sua funzione di reazione
utilizzata per impostare la propria strategia. Fare altrimenti significa
attuare una politica monetaria potenzialmente insostenibile che minaccia la
stabilità finanziaria del settore privato (in particolare quando il settore
privato è fortemente indebitato) o provoca effetti diretti e potenzialmente
perversi sul servizio del debito del settore pubblico rispetto agli obiettivi
di politica macroeconomica.
Nella parte V, si prenderanno in
considerazione le implicazioni della finanza funzionale per le proiezioni del
CBO [Congressional Budget Office n.d.t.] del governo a lungo termine per le prospettive
di bilancio.
Con la collaborazione di Giacomo Bracci dell'associazione Economia Per I Cittadini
.
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